EXIBART: Other identity #40. Altre forme di identità culturali e pubbliche: Manuel Bravi


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original link: Exibart


Other Identity è la rubrica dedicata al racconto delle nuove identità visive e culturali e della loro rappresentazione, nel terzo millennio: intervista a Manuel Bravi


Il nostro privato è pubblico e la rappresentazione di noi stessi si modifica e si spettacolarizza continuamente in ogni nostro agire. Qual è la tua rappresentazione di arte?
«Se il ritratto è la valorizzazione di una persona, piuttosto che spettacolizzarlo, cerco una ripresa sommessa, legata alle ombre e sfaccettature personali, probabilmente a tutti quegli aspetti che si possono mostrare ma attraverso un pudore emotivo o a una reticenza che non li espone in modo diretto. Bisogna chiedersi davanti all’immagine mostrata cosa viene lasciato intravedere dell’intimità di chi è ritratto».

Creiamo delle vere e proprie identità di genere che ognuno di noi sceglie in corrispondenza delle caratteristiche che vuole evidenziare, così forniamo tracce. Qual è la tua “identità” nell’arte contemporanea?
«Direi la ricerca da parte di chi viene ritratto: può essere fisica o esplorativa ma tutto ruota sull’esporsi al fine di raggiungere un particolare nuovo stato di conoscenza personale. Chi usa il corpo si avvicina ai propri limiti fisici e ne prende atto. L’astronauta o chi si nasconde dietro una maschera, scopre il mondo che lo circonda attraverso domande e gesti infantili».

Quanto conta per te l’importanza dell’apparenza sociale e pubblica?
«Purtroppo osservo quanto sia difficoltoso uscire dalle reti dei social e dai riscontri che questi danno. Quando frustrazione e appagamento provengono dalle icone a forma di cuore, allora è giunto il momento di fare qualche considerazione a riguardo e maturare un periodo di disintossicazione. Noto perlopiù che ci si abbandona alla prepotente forza che questi impongono, ne siamo vittime col sorriso».

Il richiamo, il plagio, la riedizione, il ready made dell’iconografia di un’identità legata al passato, al presente e al contemporaneo sono messi costantemente in discussione in una ricerca affannosa di una nuova identificazione del sé, di un nuovo valore di rappresentazione. Qual è il tuo valore di rappresentazione oggi?
«Quello che crei è la somma di quello che sei, di ciò che conosci e delle esperienze che hai immagazzinato nel tuo passato. Farsi le giuste domande per creare il proprio percorso artistico, credo sia il modo migliore per superare i concetti di riedizione/plagio/richiamo. Ogni forma d’arte ha un rimando endemico o iconico, non penso sia da demonizzare se alla base c’è la giusta consapevolezza e domande nei confronti di quel che stai creando».

ll nostro “agire” pubblico, anche con un’opera d’arte, travolge il nostro quotidiano, la nostra vita intima, i nostri sentimenti o, meglio, la riproduzione di tutto ciò che siamo e proviamo ad apparire nei confronti del mondo. Tu ti definisci un’artista agli occhi del mondo?
«Vorrei solo essere in grado di porre domande o creare interesse attraverso le mie immagini: vengono messe su un banchetto e chiunque può dare risposte o formulare altre considerazioni in merito, e quando avviene uno scambio allora sono soddisfatto».

Quale “identità culturale e pubblica” avresti voluto essere oltre a quella che ti appartiene?
«Non ho aspettative precise su un’identità diversa o più matura rispetto a quello che sono».

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